La sera di sabato 24 agosto le autorità francesi hanno arrestato il fondatore di telegram Pavel Durov appena atterrato all’aeroporto di Le Bourget nei pressi di Parigi.
Le accuse della magistratura sono molto pesanti: a Durov è contestata la mancanza di controllo e moderazione dei contenuti della piattaforma, Telegram infatti è una piattaforma di messaggistica instantanea da sempre impegnata nella sicurezza e privacy degli utenti, utilizza la crittografia end-to-end per proteggere le conversazioni degli utenti cioè solo tu e la persona con cui stai comunicando, e nessun altro, possono leggere o ascoltare ciò che viene inviato. Telegram dunque in questi anni è stata utilizzata da alcuni utenti per attività illegali tra cui traffico di droga, terrorismo, materiale pedopornografico, fino alle frodi.
Questa notizia ha sconvolto il mondo della tecnologia, lo stesso Elon Musk Ceo di su X ha scritto che il prossimo a essere processato sarà lui, evidenziando il problema della sicurezza dei dati e della privacy nel contesto dei social media.
Quanto sono realmente sicuri i nostri dati sui social media?
L’arresto di Durov mette in luce un aspetto cruciale: la sicurezza digitale non dipende solo dalla tecnologia, ma anche dalle persone che ne sono a capo. Quando il fondatore di una piattaforma che garantisce privacy è sotto pressione o minacciato, cosa accade ai dati degli utenti? È possibile che le autorità possano accedere alle informazioni personali degli utenti, compromettendo la fiducia che milioni di persone ripongono in queste piattaforme?
Un caso che ha fatto molto riflettere è lo scontro avvenuto nel 2016 fra Apple e l’ FBI statunitense, in seguito alla strage di San Bernardino (sparatoria avvenuta in un centro sociale per disabili a San Bernardino, in California, il 2 dicembre 2015). L’FBI in quel caso in seguito alle indagini aveva chiesto ad Apple gli accessi a un I-phone utilizzato dagli autori della strage, ma l’Azienda di Cupertino si rifiutò di collaborare sostenendo che gli l’i-phone sono progettati by default cioè non possono essere craccati e nessuno può entrarci se non si conoscono le password.
Di chi è la colpa?
Le aziende di digital marketing e chi giornalmente utilizza questi sistemi, devono porre attenzione a come gestiscono i dati dei clienti e a quali piattaforme affidano le proprie comunicazioni. Le piattaforme di social media devono essere trasparenti riguardo le loro pratiche di sicurezza e protezione dei dati, e gli utenti devono essere vigili nel proteggere le proprie informazioni personali. Ricordati che quando decidi di utilizzare queste piattaforme il responsabile sei tu.
Tutto questo pone una domanda e una riflessione: Chi progetta un prodotto può essere ritenuto responsabile per un uso non responsabile e inappropriato? Se così fosse, chi ha costruito i coltelli potrebbe essere condannato perchè oltre a un semplice uso in cucina questi possono essere considerati delle armi.
Bisogna affrontare il problema, politica, professionisti, esperti di tecnologia e forze dell’ordine dovrebbero cooperare insieme per stabilire delle linee guida, non sarà semplice ma bisogna iniziare, il futuro parte da qui.
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